martedì 16 aprile 2013

Recensione di "Lullaby" e intervista all'autrice, Barbara Baraldi

Giada, Marcello e un po’ anche Luana, sono i protagonisti dell’ultimo romanzo di Barbara Baraldi, “Lullaby – La ninna  della morte”, edito da Castelvecchi.
Giada, la Bambina Nera, è quel tipo che da bambina si apprezza tanto e poi, ma con la quale, man mano che cresce, non si vuole più avere niente a che fare.
Marcello non è solo il classico scrittore fallito senza futuro, ma è il re di questa razza, visto che è costretto a mantenersi con la pensione della madre.
Luana è la perfezione, la Principessa dell’Est, bionda, splendente, senza apparenti problemi. Dopo tutto queste persone vivono in un mondo ovattato dove niente le scalfisce.
Si potrebbe attribuire la colpa per quello che succede in questo romanzo all’insegnante di Giada e Luana, che le unisce nello stesso banco, ma sarebbe troppo semplice e poi non è davvero così.
Potremmo attribuire la colpa a Marcello, disperato, che si è no inchioda due parole su word dopo aver fissato per ore lo schermo e dopo aver dato le medicine a “mammà”, ma lui no, lui è solo un punto fermo al quale aggrapparsi, qualcosa di semplice e sensato in una tempesta che colpisce un piccolo luogo di periferia.
Sta di fatto che questa recensione non vi svelerà nulla, perché con un ottimo alternarsi di linguaggio in prima e in terza persona, e un susseguirsi di capitoli brevi e interessanti nel cui titolo è presente il nome del personaggio che reciterà in quei paragrafi, la Baraldi dimostra di saper tenere incollato il lettore alle proprie pagine, quindi dovrete leggerlo.
Pure se vi trovaste nell’intenzione di dover posare questo libro per qualche motivo di «ordine superiore», sfogliando le pagine successive noterete che il prossimo capitolo è lungo quanto la lista della spesa del cenone di Natale e, imbarazzati per la vostra volubilità, continuerete a leggere pensando “Ok, ancora un po’ e mi fermo”, ma poco più avanti lo stesso pensiero vi balenerà nuovamente in testa.
A seguire, una breve intervista a Barbara Baraldi:

- Quando scrivi un libro da cosa parti e come inventi la storia? Nel caso di “Lullaby”, oltre alla canzone dei The Cure, da cosa hai tratto ispirazione?
BB: Proprio la canzone dei Cure è stata la principale fonte d’ispirazione del romanzo. Immaginavo due ragazze che ballavano un tango al ritmo della canzone. Dalla penombra della stanza, è emerso un mondo intero di atmosfere soffocanti, aspirazioni e desideri inconfessabili che descrivevano perfettamente la realtà che avevo intorno: le ipocrisie della società, la violenza della cronaca che entra nelle case come un ariete attraverso la televisione. E così mi sono trovata al bar con Marcello e Fede, nel mezzo di una accesa discussione. Un anonimo bar di paese, dietro la cui apparente normalità tutto può succedere.

 - Quando ti intervistano riguardo a un particolare libro, qual è la domanda più odiosa alla quale proprio non vorresti rispondere?
BB: Non potrei mai rispondere a chi mi chiede quale dei miei romanzi preferisca.

- Zoe, PerdisaPop, Mondadori e Castelvecchi, hai pubblicato con tanti editori, quali sono le maggiori differenza che riscontri tra l’uno e l’altro?
BB: Ho trovato soprattutto una grande professionalità, a tutti i livelli. All’interno delle case editrici con cui lavoro, dalla più piccola alla più grande, ci sono persone che hanno fatto dell’amore per la parola scritta un lavoro.

- “La bambola di cristallo” verrà pubblicato a maggio in Inghilterra, è la tua prima pubblicazione all’estero dalla John Blake Publishing? Ti hanno cerca loro o ti sei dovuta affidare a un agente letterario?
BB: Sono stata contattata dall’editor della casa editrice; mi ha chiesto di inviargli una copia della “Bambola”, di cui aveva sentito parlare molto bene.

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Scrissi questo articolo per il settimanale Fuori le mura. Non mi ricordo bene quando, ma diverso tempo fa.

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